martedì 30 luglio 2013

76 - Rebecca Rode


Oggi posto qualcosa di diverso dal solito... Si tratta di un racconto inedito dell'esordiente Rebecca Rode. Ve lo propongo perché credo meriti di essere letto da tutti! Il linguaggio evocativo dell'autrice vi porterà su quel palco con la protagonista...e il suo inconscio...Un turbinio di emozioni in poche righe! Quando il talento c'è, si vede! Leggete e ditemi che ne pensate!!!! 


<<76>>
Lo scroscio svelto e disordinato del battere di mani siglò la fine dello spettacolo. Risate, fischi e parole confuse facevano da corona alle tende  polverose del sipario che calavano cigolanti e stanche. Gli anni si contavano veloci, uno ad uno, descritti su ogni singola crepa delle mura del teatro. La commedia era terminata. I commedianti sgattaiolavano dietro le quinte mentre il pubblico, ancora ridente, si dissipava divertito lungo le strade, sgomberando l’arena, allontanandosi in ombre di luce che si aggrappavano alle case, sempre più lontane . Sabrina si apprestava a godersi la stessa scena di sempre,  quella finale, in cui solitudine e silenzio si impadronivano come piante rampicanti della carta da parati, degli spalti, delle sedie, permeando una pace attesa.  Le mura ridondavano emozioni, canti, risate degli spettatori ed ella, immersa in quel laconico spettacolo, poteva diventare Turandot, Aida, Violetta: la regina indiscussa della scena.
-          Sabrina, bada che siano ben chiuse tutte le imposte, e prima di uscire riordina quei copioni.
Dimenticavo: bada a che questo letamaio non diventi una prigione per qualcuno.
-          Sarà fatto Mr. Fa’ questo e quello.
Sabrina abbandonava per ultima il teatro, dopo aver provveduto a riordinare il tutto per lo spettacolo successivo. Durante la scena restava in un angolino, con la blusa di seta a fiorellini appena sopra il ginocchio, i piccoli piedi, trampolieri in equilibrio sui tacchi a spillo, impacchettati come dolci per bambini, uniti nella sua posa di sempre: composta, elegante e sempre ai margini degli sguardi indiscreti. Viveva nell’ombra del successo degli spettacoli, seguiva il copione alla lettera e, al momento giusto, suggeriva la battuta alla primadonna di turno. Amava il teatro, talmente gravido di vita, di attese, di personaggi, di storie. Non le dispiaceva affatto uscire per ultima, assaporare l’ultima eco di un tacco che, rimbombando nel vuoto, si appresta ad abbandonare la sala, godersi la platea semplice, vuota, spoglia di giudizi, ascoltare il dindondio delle chiavi che penzolano dalle sue dita. Quando tutto fu quasi a posto notò un faro ancora acceso che illuminava la seggiola sul palco. Avanzò  verso quella direzione. I suoi passi si fecero svelti sul legno scricchiolante, poté sentire i tonfi goffi e vedere la polvere levarsi in volo, controluce. Decise di non spegnere il riflettore. Si sedette sulla seggiola come una diva. Si alzò poi, completamente eretta, colma di una fierezza ostentata meno che di rado. Fece qualche passo in avanti. Un inchino. Un altro ancora. Libera da se stessa, dai convenevoli, dalle sovrastrutture, esprimeva con sicurezza tecnica il dolore, l’ingenuità, la fedeltà e la dolce speranza di un’amabile ed introversa Madame Butterfly. Con un sorriso soddisfatto e inchini ossequiosi si apprestava a chiudere davvero, per quella sera, la scena, salutando il suo pubblico di fantasmi. Con un po’ di malinconia fece spallucce. Le braccia caddero sui fianchi torniti e  la mano destra impugnò la spalliera della seggiola. Un ultimo sguardo alla platea, ai posti a sedere. Vuoti. Un sospiro. Il nulla. Fece per strisciare la sedia e portarla al suo posto ma qualcosa fece attrito. Si chinò. Un piccolo diario con una copertina rigida e color verde smeraldo giaceva abbandonato sul parquet malconcio e fradicio. Tornò nella posizione in cui era poco prima, di fronte alla platea. Raccolse il diario, trascinò la sedia al centro del palco. Si sedette. Lo aprì. Una calligrafia elegante, stretta e precisa delineava e scandiva le parole lisce, delicate, soavi, impresse come un contrasto sulla carta sottile e porosa. Le emozioni filtravano come olio, spargendosi tra le dita, macchiando ogni buona intenzione. Emozioni queste di carta e inchiostro, che scuotevano come una tempesta intrisa di misteri rivelati l’animo pellegrino e assente. Si trattava di poesie. Sottovoce, come a darne una certa rilevanza, ne sottolineava alcuni passi: «Abbiamo perso ancora questo crepuscolo… Nessuno ci vide questa sera con le mani unite mentre la notte azzurra cadeva sopra il mondo…io ti ricordavo con l’anima stretta da quella tristezza che tu mi conosci».
-          Bella!
Un sussulto interruppe l’intima magia di quell’istante. Una voce profanò il silenzio religioso e casto che imperava tra le crepe delle pareti anziane. Una voce inaspettata, lieve, timida, pura, mosse l’aria come una brezza calda e pervase l’ambiente di un odore di cose belle, passate e future, vissute e sconosciute, folkloristiche. Una figura avanzava nel buio dell’arena a passi piccoli e delicati, senza emettere rumore alcuno. Si fermò nella penombra. Sabrina, in preda ai tumulti claudicanti del suo cuore, cercava di scrutare quell’immagine stilizzata che spariva nell’ombra e riemergeva dal buio. Cercò di intravederne i lineamenti. La figura era sottile, definita ma evanescente, allo stesso tempo tonda e rassicurante. Spiava una chioma candida come batuffoli di cotone, bellissima. Quando il sangue pulsò più lentamente, ella ebbe forza per parlare.
-          Lo spettacolo è finito, il teatro è chiuso da un po’.
-          Lo so.
-          Devo chiudere l’entrata principale, mi scusi. Il mio lavoro è finito.
-          Aiutami. Leggi ancora.
Si sedette in platea, al posto 76, rimanendo avvolto nelle tenebre rassicuranti e cupe.
-          Oh no, davvero. L’ho trovato qui per caso e… non sarà mica suo questo diario?
-          No.
-          Che pasticcio, avrò sbandierato qualche… oh, che figura!
-        No, è bella. Ha dato voce a cose che non si sanno dire. Ha dato voce a chi non può parlare. Aiuta.
-      Sì, ma non l’ho scritta io, capisce? L’ho trovato qui per caso e mi sono messa a leggere, non è mica bello impicciarsi di affari altrui!
-       Ma è una poesia!
-      Sì, e mi piace molto ma, stupida che sono! Non avevo alcun diritto di ficcarci il naso. Magari non avrebbe dovuto essere letta da nessuno. Una poesia scritta da chissà chi poi! Per quanto bella non mi appartiene, non ho diritto…
-         Ma la poesia non è di chi la scrive! È di chi gli serve…
-         Serve?
-      Certo, la poesia serve a dar voce a chi non ha parole. Tu ne avevi bisogno. Hai trovato nelle parole qualcosa di tuo, come in uno specchio, e ti è servita. Se trovi uno specchio per strada non ti scusi mica con lui per averti riflessa, o per averti fatto capire che avevi una ciocca di capelli in disordine!
-          Non sono sicura di capire
-       Lo specchio riflette la tua immagine. Tutti possono ammirarla, giudicarla bella o meno bella, ma solo tu, guardando nei tuoi stessi occhi, potrai vedere il vero riflesso. Troverai un universo intero. Sei tu, Sabrina: sguardo perso, malinconico, sfiduciato, che ha visto mille spettacoli senza esserne padrone. Tu, ai margini del teatro a suggerire le battute. Tu, che avresti voluto essere l’attrice omaggiata da un bagno di plausi. Tu, che tenendo i piedi uniti non osi guardare oltre questa tenda triste e malandata. È perché non hai fiducia in te stessa.
-          Perdoni una cosa: ci conosciamo?
-          Da sempre, come se non ti avessi vista mai.
-          Un… un momento! Ma… chi diavolo sei? Mostrati.
-          Non posso.
-          Se è uno scherzo è di cattivo gusto. Mostrati nella luce!
-         Io sono già nella luce. Ci siamo visti ovunque, in nessun posto. Ad ogni ora sono con te, quasi come mai. Ho sfiorato le tue mani senza toccarle, nell’abbraccio intenso di un sogno senza fine, nell’aria leggera che ti scompiglia i capelli, che ti rende viva. Così, io vivo.
Sabrina si alzò con uno scatto repentino, avanzò nella penombra per tentare di indovinare qualche particolare di quella figura così sfuggente, afferrarlo, comprenderlo.  Avanzava correndo immobile, annaspava alla ricerca di dettagli invasa di dubbi e certezze. Il cuore le si attanagliava nello stomaco. Battiti accelerati echeggiavano nella sua mente, tentacoli aridi e invisibili la inchiodavano sul parquet sporco e sgualcito. Naufraga in un mare in tempesta, cercava quella figura senza riuscire a raggiungerla, quella figura che pareva l’eco assordante di un riverbero lontano, futuro, presente. Senza tempo. Sconosciuto eppur sempre lì. Lontano ma così vicino da poterne sentire il dolce profumo.
-          È tempo per me di tornare.
-          Non andare via! È ancora troppo presto… dimmi il tuo nome! Io non so, non ricordo…
-          Io?
Si voltò lento, con un’espressione serena, distratta e tremendamente dolce in un sorriso di zucchero, appena accennato, come l’alba di un giorno che sorge nel capo più bello del mondo.  Era lì, avvolto nel bagliore splendente della più pura perfezione.
-          Io, Sabrina, sono solo un Pulcinella.
E parve un grido, strozzato in un sussurro, fatto di parole taglienti come lame e fragili come cristalli, ma pure e semplici, caste. La grande porta sbatté forte sulle mura scolorite lasciando cadere qualche granello di polvere. Un vento aggressivo pervase l’intero ambiente, cruento, caldo. Ella si lasciò dominare. Passiva, con le ginocchia inchiodate a terra, lo sguardo attonito, gli occhi bagnati da gocce di pianto che scendevano lente, per tramutarsi in violenti uragani. Aveva offerto le sue mani nel vuoto. L’aria, linfa vitale, si era colorata di oro, di buoni sapori, di tesori custoditi e inesplorati e fuggiva via, tra le dita, come filigrana di sabbia finissima. Il vuoto insopportabile allora si fece greve, piatto, plumbeo fino a pesare sul corpo. Come aveva potuto non capire.
Non così presto.
Silenzio.

mercoledì 24 luglio 2013

COLAZIONE DA DARCY - A. McNamara

Quando Darcy McCall perde l’adorata zia Molly, l’ultima cosa che si aspetta è di ricevere in eredità un’isoletta in mezzo al mare. Secondo le ultime volontà della donna, però, per entrarne in possesso, Darcy dovrà trascorrere almeno dodici mesi sull’isola di Tara, al largo delle coste occidentali dell’Irlanda. Una bella sfida, non c’è che dire, per una come lei, abituata alla frenetica vita londinese. Ma forse un cambiamento è proprio ciò di cui Darcy ha bisogno, così, senza quasi rendersene conto, da un giorno all’altro si ritrova a dover dire addio alle amate scarpe con il tacco per indossare un paio di orribili stivali. Adattarsi alla spartana vita dell’isola sarà un’impresa tutt’altro che facile, ma nel ristorantino appena aperto, tra una tazza di tè e i biscotti fatti in casa, Darcy scoprirà che l’isola ha molto da offrire… E dopo le difficoltà iniziali, il calore e l’affetto della piccola comunità di Tara finiranno per conquistare anche la mondana Darcy. Nuovi amici e forse un nuovo amore l’attendono dietro l’angolo: chi, tra l’affascinante Conor e il testardo Dermot, saprà far battere il suo cuore? 

Una trama originale e un linguaggio piacevole e scorrevole sono i segni particolari di questo romanzo ambientato in Irlanda.
L'autrice ci trasporta nel fascino delle terre d'Irlanda insieme a Darcy che ha ereditato dalla nonna l'isola di Tara. Le condizioni per riscattare l'enorme patrimonio sono però quanto meno particolari. Darcy quindi si troverà davanti ad una scelta molto importante che le cambierá la vita per sempre. 
Le scelte di vita e la crescita personale sono le tematiche principali affrontate dall'autrice che ci accompagna pagina per pagina a scoprire la metamorfosi della protagonista che da semplice e superficiale impiegata cittadina del jetset londinese si trasfomerá nella affidabile e amata proprietaria di Tara.
Non ho molto apprezzato la poca attenzione data al rapporto tra Darcy e Dermot, affrontato troppo velocemente e in modo poco approfondito.
Ho amato, invece, gli aneddoti e le leggende legate alla storia irlandese.

Voto: 7/10

LA SETTIMA ONDA - D. Glattauer

Emmi e Leo: per chi ancora non li conosce, sono i protagonisti di un amore virtuale appassionante, che ha vissuto ogni sorta di emozione, a parte quella dell'incontro vero. Sì, perché dopo quasi due anni, Leo ha deciso di tagliare definitivamente i ponti con Emmi e partire per Boston, per ricominciare una nuova vita. Emmi non si dà però per vinta, e riesce nell'impresa di riallacciare i rapporti con Leo. Mentre lei è ancora felicemente sposata con Bernhard, per Leo in nove mesi le cose sono cambiate, eccome: in America ha conosciuto Pamela e finalmente ha iniziato la storia d'amore che ha sempre sognato. Si sa, però, l'apparenza inganna. Ritornano le schermaglie via e-mail che hanno tenuto col fiato sospeso i numerosi lettori di Le ho mai raccontato del vento del Nord, e anche stavolta promettono scintille.

Dopo "Le ho mai parlato del Vento del Nord", grande successo di Glattauer, non potevo non leggere la continuazione della storia tra Emmi e Leo, la cui pseudo-fine mi aveva lasciato un po' d'amaro in bocca.
Una storia d'amore nata per caso via e-mail e proseguita per parecchio tempo con l'attesa di quel fatidico incontro che non avvenne mai... il perché ve lo lascio scoprire leggendo il primo libro.
E ora rieccoci qui... dopo svariati tentativi di Emmi di ricontattare Leo via mail...la mail si riattiva! Tra incredulità, emozione, paura e felicità ricomincia lo scambio di mail tra i due che finalmente riusciranno a incontrarsi al Caffè Huber... ma non sempre le cose vanno come uno se le aspetta e quando tutto sembra perduto una sorpresa appare dietro l'angolo! In che senso? Lo vedrete!
Glattauer è molto abile, come nel primo libro, a far trasparire le emozioni, i timori e le ansie dei protagonisti tramite un semplice scambio di e-mail.
Manca un po' la sagacia, l'ironia e l'ilarità del primo libro che ho trovato più incalzante e trascinante. Qui l'autore vuole lasciare più spazio al gran finale sacrificando un po' le parti precedenti.
Contenta di averlo letto perché le storie d'amore in sospeso o troncate bruscamente mi lasciano sempre un po' triste!

Voto: 7/10

AMICI DI LETTO - Gina L. Maxwell

Dopo un matrimonio fallito, Lucie è determinata a evitare relazioni passionali per mettersi alla ricerca dell'uomo giusto: bello, in carriera, desideroso di farsi una famiglia e caratterialmente compatibile. Stephen, il brillante medico con cui lavora, sarebbe il candidato ideale, se non fosse che non la degna nemmeno di uno sguardo. La soluzione arriva insieme a Reid, il migliore amico del fratello di Lucie, nonché sua cotta adolescenziale: Reid ha bisogno di fermarsi in città per un breve periodo e in cambio di un posto letto sul divano di Lucie è disposto a dispensarle consigli su come conquistare il dottore. A Lucie, perennemente insicura e abituata a nascondersi dentro maglioni sformati, serve prima di tutto un po' di consapevolezza del proprio fascino. In pochi giorni, però, le "lezioni di seduzione" si trasformano in giochi erotici sempre più spinti e coinvolgenti. E quando c'è feeling tra le lenzuola, è difficile fermarsi... Ma quello che c'è tra Lucie e Reid è solo intesa fisica o qualcosa di più?

Lo so, lo so...un altro romance.... ma che ci volete fare? Sono un'inguaribile romantica!
Romanzo scorrevole e ben scritto. Letto in una domenica!
La trama non è originalissima ma molto avvincente.
I personaggi sono ben caratterizzati anche se ovviamente piuttosto stereotipati.
Lucie, ingenua, premurosa e delusa dalla sua vita amorosa, convinta di aver trovato l'uomo perfetto per lei nel collega medico che, almeno apparentemente, incarna quello che renderebbe felice ogni donna. Ma Lucie non ha fatto i conti col destino e con Reid, apparentemente l'opposto di ciò che lei desidera per una storia duratura.... apparentemente appunto!
Un'altra perfetta lettura sotto l'ombrellone!

Voto: 8/10
  

martedì 23 luglio 2013

DELIZIOSA SFIDA - J. James

Fredda e assolutamente padrona di sé, Taylor Donovan è un brillante avvocato. In aula non mostra mai alcuna debolezza, nella vita privata non permette a nessun uomo di turbarla. Presuntuoso, famoso e irresistibile, Jason Andrews è l'attore che la rivista "People" ha incoronato "Uomo più sexy del mondo". Quando a Taylor viene affidato l'incarico di prepararlo per il ruolo di avvocato nel suo prossimo film, lei si rifiuta di lasciarsi irretire dal suo fascino di rubacuori. E alla prima doccia fredda che gli riserva, Jason si sente disorientato: abituato ad avere stuoli di femmine ai suoi piedi, non riesce a digerire che quella donna resti immune alle sue avances al punto di negarsi! Ma per lui è la sfida perfetta. E più Taylor lo respinge, più Jason si convince che sia proprio lei la donna della sua vita.

E' vero alla volte sono poco fantasiosa nella scelta delle mie letture ma un sano romance ben scritto non può mai mancare!
Ok...Luoghi comuni a bizzeffe e tipica trama romance... ma l'ho adorato!!! 
Due caratteri forti, due mondi di provenienza completamente diversi, due esperienze di vita opposte ma la vita, si sa, può metterci davanti a strane "sfide".
Tutto parte dalla curiosità iniziale di Jason considerato tra i più belli del pianeta verso una donna che, a differenza di tutte le altre, non gli cade ai piedi pendendo dalle sue labbra e che, anzi, lo tratta anche un tantino male. E questa curiosità presto si trasformerà in attrazione e poi in amore di cui egli stesso si sorprende...
Taylor, avvocato in ascesa, ha mille pregiudizi relativamente al mondo a cui Jason appartiene e non si fa nessuno scrupolo a esprimergli le sue opinioni.
Tra questi due personaggi, perfettamente caratterizzati, nascerà un legame particolare che vi terrà appiccicate al libro fino all'ultima riga.
Il linguaggio della James è semplice, scorrevole e frizzante, adatto a questo genere di romanzi.
Un'ottima lettura sotto l'ombrellone per evadere un po' con la mente e con il cuore!

Voto: 8/10

CONVIVENZA LEGGERA...MATRIMONIO D'AFFARI - V. Vescera

Alicya è una donna che vive correndo, dividendosi tra lavoro, casa e ben due relazioni da costruire: una convivenza non troppo impegnativa con l'affascinante Raffaele e una storia duratura con il suo capo, l'affidabile Ugo. Il gioco, tuttavia, si rivelerà più intricato del previsto e, come sempre accade, il destino e la sua ironia metteranno il loro zampino, ponendo tra le mani di Alicya una terza carta da giocare.

La Vescera ci accompagna in un viaggio esilarante nella pazza vita di Alicya costellata di figuracce a catena nel perfetto stile Bridget Jones (in versione    più affascinante però), completamente immersa nel lavoro e alla ricerca del suo compagno di vita o meglio dei suoi compagni di vita. 
Eh sì... Alycia è alla ricerca di quello che in un uomo solo non riesce a trovare: l'affidabilità che include anche la sicurezza economica e la passione. Ma non ha fatto i conti con il destino...
Se nella prima parte vi sembrerà di aver di fronte un personaggio frivolo e superficiale, il tutto verrà smentito nel finale quando finalmente il cuore di Alicya si aprirà. Tutte le sue fissazioni, le sue bizzarrie e le sue convinzioni assurde nascondono, infatti, un grande dolore che ha radici nel suo passato e un timore dell'abbandono che la fa rinchiudere nel suo guscio e impedendole di fidarsi del prossimo. Ma ci sarà qualcuno che riuscirà a rompere, non senza difficoltà, questo guscio ed arrivare al suo cuore.
Un romanzo allegro che analizza le paure che dobbiamo spesso affrontare nella vita con il sorriso sulle labbra!
La scrittura della Vescera è fluente e frizzante e rende bene il ritmo incalzante della vita della protagonista.

Voto: 7,5/10